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Londra chiama...per la new wave birraria (parte 1)

9/4/2014

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Il desiderio e la voglia di tornare nella capitale inglese, dopo ben 7 anni dall'ultima volta, è stata esaudita lo scorso week end. Giusto tre giorni, sicuramente pochi, ma utili per visitare birrifici, curiosare e fare nuove scoperte in uno dei paesi cardini della tradizione brassicola mondiale. La curiosità era tanta, la voglia di respirare nuovamente l’aria dei classici pub londinesi anche, ma irrefrenabile era quella di riassaggiare le birre direttamente dai cask. Negli ultimi anni Londra è cambiata molto dal punto di vista brassicolo, da quando il vento dell’innovazione birraria made in U.S.A. ha toccato anche la Gran Bretagna. Fino a qualche anno fa erano pochissimi i birrifici nella capitale, tra cui il più importante era sicuramente il birrificio indipendente Fuller’s. Oggi si arrivano a contare circa 40 birrifici sparsi per la città e dintorni, riuniti a perseguire l’arte contemporanea di brassare sotto la London Brewer’s Alliance. Questa new wave birraria ha ovviamente coinvolto anche i pub più classici e antichi, ma ha anche visto fiorire nuovi locali dedicati esclusivamente alle craft beer. Come già anticipato, uno dei motivi della mia "fuga" a Londra è stato il voler assaporare le birre spillate a pompa dai classici cask e visitare i nuovi birrifici. È andata esattamente così. Infatti, insieme all’amico Mauro (birraio presso la fabbrica della Birra Perugia) ci siamo messi di buona lena alla ricerca del “birrificio perduto”. A dire la verità, dopo aver individuato i birrifici ed i pub, è stato molto semplice raggiungere i nostri obiettivi. Purtroppo abbiamo dovuto fare una selezione (a causa del  poco tempo a disposizione) e ci siamo concentrati principalmente nelle zone centrali della City.
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La visita ai birrifici è iniziata nella zona del Bermondsey, quartiere che si estende lungo la riva sud del Tamigi da London Bridge fino ad arrivare ai Docklands di Surray Quays e Canada Water. Si tratta di un quartiere emergente sia a livello urbanistico che sociale, tanto da esser diventato la quinta essenza della Londra cool, dove volti nuovi e creativi della città, si mescolano agli abitanti storici. Tra numerosi artisti, designer, sono stati conquistati da questo quartiere anche gli eclettici birrai di nuova generazione. Vicino alle “warehouse”, i tipici magazzini fluviali che un tempo ricevevano le spezie provenienti dalle indie orientali, sorgono alcuni birrifici, precisamente sotto le arcate della ferrovia.
Il primo che abbiamo  visititato è stato Brew by Numbers, piccolo birrificio che come ci hanno gentilmente spiegato, produce 10 barrel a cotta (circa 1600 litri), con due fermentatori disponibili. Direttamente dalle spine del birrificio (aperto il sabato dalle 11 alle 18) è possibile provare alcune creazioni, per lo più incentrate su interpretazioni di stili classici in chiave moderna. Buone la Session IPA con Amarillo & Nelson e la Saison con Wai-iti & Lemon e perfetta la Porter Traditional che mi ha stupito veramente. Una curiosità, il nome Brew by Numbers richiama i numeri che compaiono sulle etichette in stile minimal: il primo indica lo stile della birra (es. 03 Porter – vedi foto) e il secondo la ricetta utilizzata (es.03 traditional) A poco meno di 400 metri, sempre sotto le arcate della ferrovia, troviamo l’ormai noto The Kernel Brewery, una delle più interessanti realtà del panorama brassicolo londinese.
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Evin O'Riordain, nel 2010 lascia il suo impiego come venditore di formaggio, per lanciare il suo progetto affittando un piccolo spazio sotto le arcate della ferrovia. Quello che abbiamo visitato è la sede produttiva nuova, molto più ampia dell’originale. Sono stati molto ospitali e ci hanno fatto visitare tutta la zona di produzione. Possiedono un classico impianto inglese con mash tun non riscaldato dalla capacità di 20 barrel (3200 litri circa) e 8 fermentatori. Molto interessante la cantina con le barrique, dove vengono affinate alcune birre per poi subire il blending. Delle 7 spine disponibili, abbiamo assaggiato la London Sour (Alc. 2,8% Vol.), molto intensa e rinfrescante e con un leggero sentore di brettanomyces e note di vaniglia. Poi, sotto consiglio, abbiamo bevuto una ottima IPA con single hop di Mosaic (Alc. 6,9% Vol.) ed una stupenda Export India Porter (Alc. 5,8% Vol.). Anche in questo caso la birra che più di tutte mi ha colpito è stata la Porter, forse anche per il contesto e l’ambiente che riporta alla mente la storia di questo stile. 
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Continuando il nostro “brewery crawling” e spostandoci a poche centinaia di metri, precisamente al numero 8 di Almond Road, ci siamo trovati di fronte un'altra piccola realtà birraria della zona, il nuovissimo Partizan Brewery.. La birreria gestita da Andy Smith è la più piccola di quelle visitate, l’impianto da 4 barili (circa 600 litri) acquistato da Evin O’Riordain prima che decidesse di ingrandirsi, è sommerso tra bottiglie in rifermentazioni, malti, luppoli e scatoloni; ma è anche questo il fascino di questa giovane realtà. Le etichette curate da Alec Doherty sono molto originali e ben curate, mentre la birra si è confermata all’altezza delle aspettative. Anche in questo caso, come Kernel insegna, molte produzioni sono caratterizzate dalla variazione della stessa ricetta, come le Saison che abbiamo provato: Lemon & Thyme (Alc. 3,8% Vol.), Athanum (Alc. 3,9 % Vol.)  e Falconer’s Flight (Alc. 6,7% Vol.), tutte molto intese e profumate con quel carattere watery che contraddistingue le birre inglesi! 

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La visita ai birrifici non poteva che concludersi in grande con la visita alla Meantime Brewery, uno dei precursori della rinascita birraria nella capitale londinese. La birreria nasce nel 1999 a Greenwich grazie all’ispirazione del mastro birraio Alastair Hook che da sempre sentiva la necessità di dare un proprio carattere alle birre tradizionali. Il nome Meantime nasce dal famoso meridiano, Greenwich Mean Time (Tempo Medio di Greenwich), grazie all’ispirazione del mastro birraio Alastair Hook. Qui è stata necessaria la visita a pagamento (15 sterline) per visitare la zona di produzione. Ovviamente si tratta di tutt’altra realtà, a partire dal folcloristico personaggio che ha fatto da Cicerone. Purtroppo, non avendo avuto la possibilità di parlare con chi realmente produce la birra, abbiamo cercato più che altro di “rubare” con gli occhi. Il nuovo impianto da 100 Hl della Rolec ha una cantina di circa 36 tra fermentatori e maturatori. La birra inoltre viene filtrata e non rifermentata in bottiglia, ad eccezione di alcune tipologie. Se non altro è stata una buona occasione per assaggiare tutta la linea di produzione, con degli assaggi proposti direttamente nel locale che si affaccia sull’impianto di produzione. Forse per la stanchezza della giornata, o perché assuefatti da eccessive dosi di luppolo, le birre mi hanno lasciato un po’ perplesso o se non altro senza lode nè infamia. L’unica certezza è l’eccessiva gasatura! Oltre alla Yakima Red  di benvenuto (luppolata con varietà americane della valle della Yakima), ho assaggiato la classica London Pale Ale, che stranamente ho trovato migliore in bottiglia. Ho trovato invece più interessanti la London Porter e le due basse fermentazioni; London Lager e laUnion Lager......... 

Continua......
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