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I profumi dei tropici e la birra

19/3/2014

2 Commenti

 
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Sorseggiando una birra artigianale, ci si addentra in un mondo ricco di sfumature, con il rischio a volte di ricercare percezioni al limite dell’immaginabile. Solitamente la nostra mente scava nella memoria per far emergere sensazioni già provate. Per noi Italiani è facile identificare i profumi di nocciola in una Brown Ale o quelli di caffè in una Porter, non a caso siamo produttori di una delle varietà più buone al mondo, la tonda gentile del Piemonte e siamo considerati il Paese che dell’espresso ne fa un vanto.
Ma quando si tratta di profumi ed aromi che non ci appartengono, come quelli tropicali, come ci comportiamo?
Nel bellissimo e rivoluzionario mondo delle craft brewery è ormai esplosa la tendenza alla ricerca della caratterizzazione da dare al proprio prodotto. L’ingrediente principe, che ha avuto un percorso ed una ricerca che è andata di pari passo a questo movimento, è senza dubbio il luppolo. Si può parlare di fenomeno diffuso, soprattutto se si considera che la maggior parte dei birrifici presenta in catalogo una American Pale Ale o una American IPA, per citarne alcune, che sono fortemente caratterizzate da massive aggiunte di luppolo. E così, ci si ritrova a fare i conti con aromi di frutti che solitamente conosciamo poco. L’utilizzo di queste nuove varietà di luppolo, sviluppate principalmente negli U.S.A., Australia e Nuova Zelanda, ha dato linfa vitale alla birra artigianale e opportunità ai birrai di sperimentare e ricercare nuove combinazioni di aromi e profumi. Ne sono l’esempio alcune varietà, come quella sviluppata dalla Hop Breeding Company e lanciata nel 2007 sotto il nome HBC394, poi ribattezzata Citra, che conferisce interessanti note citriche e di frutti tropicali, che la rendono insostituibile. Possiamo inoltre pensare al recente Galaxy, coltivato in Australia e commercializzato a partire dal 2009, che se utilizzato in whirlpool o in dry hopping spriogiona un aroma sorprendente descritto come una combinazione tra frutto della passione e agrumi. Altri aromi fruttati sono prodotti invece da alcune specie di lievito (soprattutto ad alta fermentazione) che durante la fermentazione rilasciano dei composti importantissimi per la definizione dell’aroma in birra; i cosiddetti esteri. Queste sostanze a diverse concentrazioni possono dare profumi di ananas o papaya, è il caso dell’etil butirrato, o di banana nel caso dell’isoamilacetato.

Pertanto, per poter apprendere queste leggere sfumature che caratterizzano nettamente ciò che beviamo, la cosa migliore da fare è iniziare a prendere confidenza con questi frutti. Lo scopo è di memorizzare indelebilmente gli aromi e sapori caratteristici di ognuno. Non sempre è facile trovarli nel negozio sotto casa, escludendo ovviamente banane, kiwi e ananas, ma con una ricerca più attenta e mirata saremo in grado di assaporare i profumi dei tropici.

Banana
La banana è uno dei frutti più consumati al mondo ed anche per questo, tutti ne conosciamo il sapore. Nella birra, l’aroma di banana è dato dall’ isoamilacetato, uno degli esteri più importanti che si formano durante la fermentazione ad opera del lievito. È l’aroma che caratterizza molte birre ad alta fermentazione, in particolar modo le weizen di ispirazione Tedesca che, insieme alle note fenoliche (chiodo di garofano), ne definiscono lo stile.

Mango
Il mango (Mangifera indica L.) è un albero originario dell’India e coltivato in tutte le zone tropicali. Il frutto ha solitamente forma ovoidale, la buccia può assumere diverse tonalità tra il verde, il giallo e il rosso. La polpa gialla/arancio è dolce quando il frutto è maturo. Ha un profumo fresco e aromatico accompagnato dal sapore “esotico” che ricorda un po’ la pesca e il lime con note di resina e pino. Se il frutto è consumato acerbo, si ha invece anche un gradevole sapore acidulo. Generalmente l’aroma che si percepisce in birra è quello del mango maturo, un aroma dolce ed esotico. È associato prevalentemente all’utilizzo di luppoli americani (El Dorado, Mosaic, Simcoe), neo zelandesi (Motueka) o australiani (Galaxy, Vic Secret).

Ananas
La pianta dell’ananas è generalmente conosciuta per la sua varietà coltivata Ananas comosus ed è originaria del Brasile, Bolivia e Paraguay.  L'ananas è chiamata così in Italia poiché il nome deriva dal paraguaiano “nana”, che significa “frutto eccellente”. È reperibile in qualsiasi supermercato durante tutto l’anno, anche se la massima disponibilità va da aprile a giugno. Anche per questo tutti ne conosciamo molto bene le caratteristiche. Assaporando il frutto fresco  si riesce a percepire e memorizzare l’aroma ed il sapore, che è un mix tra dolcezza e acidità. Il composto chimico che ne dà la sensazione, è un estere prodotto durante la fermentazione, nello specifico l’etil butirrato.
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Papaya
La papaya (carica papaya) viene ampiamente coltivata in tutti i paesi tropicali, soprattutto quelli dell'America Centrale come il Messico, la Giamaica, il Belize e il Costa Rica. In Italia, la coltivazione avviene solo in serra ed è limitata alla regione della Sicilia. I frutti sono bacche dalle dimensioni variabili, dalla forma ovoidale e dalla buccia verde. La polpa, di colore giallo-arancio, è caratterizzata dall'abbondante presenza di piccoli semi neri ricoperti di mucillagine. È molto apprezzata per il suo sapore, che è una via di mezzo tra quello dell’albicocca e quello del melone. In Thailandia, il frutto acerbo tagliato a julienne, serve come base per il Som Tam noto come "papaya salad".

Kiwi
La pianta (Actinidia chinensis) è originaria della Cina meridionale dove si coltivava circa 700 anni fa per il suo frutto che era considerato una prelibatezza per gli imperatori cinesi. Attualmente l’Italia è il maggior produttore. Credo sia impossibile perciò non avere in mente il sapore dolce-acidulo e rinfrescante di questo frutto. Si possono trovare similitudini in birre caratterizzate da luppoli citrici o in una certa maniera in alcuni stili particolari come le Berliner weisse caratterizzate da un’acidità lattica con moderati aromi fruttati.

Avocado
Hemingway lo definì «un cibo che non ha rivali tra i frutti, il vero frutto del paradiso». L'avocado è originario di una vasta zona geografica che si estende dalle montagne centrali ed occidentali del Messico, attraverso il Guatemala fino alle coste dell'Oceano Pacifico nell'America centrale. Il frutto è una drupa a forma di pera, presenta un grosso seme centrale di 3-5 cm di diametro. La polpa è di colore giallo verde o giallo pallido. Ricco di grassi e burroso, l'avocado ha un leggero sapore di nocciola ed un retrogusto di cetriolo. Spesso il suo sapore viene ricondotto alla famosa salsa messicana guacamole, un antichissimo condimento a base di avocado che prevede l’aggiunta di  succo di lime e sale per la ricetta originale. 
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Maracuja
Meglio conosciuto con il nome frutto della passione o passion fruit, è una pianta del genere delle passiflore originaria del SudAmerica. Il frutto è ricco di piccolissimi semi che si possono mangiare ed una polpa gelatinosa. È apprezzatissimo per il profumo intenso e caratteristico, ma più che per il frutto, la maracuja è nota per il succo ricavato dalla polpa, che aggiunto a qualche cocktail o altre bevande ne caratterizza in modo inconfondibile il gusto ed il sapore. Le note di frutto della passione sono particolarmente riscontrabili in birre in cui sono stati utilizzate alcune varietà di luppolo:, Galaxy, Nelson Sauvin, Rakau, Wai-Iti, Motueka, Falconer’s Flight.

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Litchi
Definito come "prugna della Cina", il litchi (Litchi chinensis) è un frutto simile ad una grossa noce, con un guscio provvisto di tubercoli rossi e rosa. La parte commestibile interna è bianca, zuccherina, leggermente acidula e ricopre un seme come quello delle nespole. Ha un delicato profumo di rosa.  E' un frutto molto diffuso in estremo oriente e viene importato dal Madagascar, Tailandia, Israele e Sud Africa. 
Un delle varietà che ricorda questo frutto nell’aroma, è il luppolo Topaz Australiano.

Questi sopra descritti, sono solo alcuni dei frutti tropicali. Se avete la possibilità, assaggiate tutto: mangosteen, kiwano, guava, nashi, carambola, pepino, pitahaya ecc., possibilmente nei luoghi di origine…avranno tutt’altro sapore!

2 Commenti
BIRRAmoriamoci link
23/3/2014 03:53:23 am

Quello che hai descritto tu è veramente l'unico modo per "imprimere" nella mente gli odori, sviluppare e allenare la propria memoria olfattiva. Peccato per la difficile reperibilità di molti dei prodotti elencati in Italia, alcuni dei quali mi sono veramente ignoti!

Risposta
Luca
24/3/2014 12:19:36 am

Eh si, purtroppo la grande difficoltà è reperirli in Italia, magari con un po' di fortuna ed in negozi specializzati. Altrimenti un bel viaggio direzione tropici :D

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