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Birre ispirate al mondo del vino

4/10/2013

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Birre ispirate al mondo del vino

C’è chi si ostina a considerare il vino e la birra artigianale come due prodotti che si contendono fama e spazi di mercato e chi invece cerca il connubio tra le due bevande alcoliche più amate e consumate al mondo. Il vino è una cultura che appartiene ad ognuno di noi, ha radici forti con il nostro passato, una storia ed è un patrimonio da difendere e portare avanti con orgoglio. Sinceramente non credo nello scontro tra vino e birra. Le due bevande presentano caratteristiche diverse ed hanno spesso momenti di consumo differenti; ci sono momenti adatti a gustare grandi vini ed altri più indicati per la birra, purché siano entrambe di qualità. Nonostante ciò, la “reinassance” della birra artigianale spaventa non pochi produttori viticoli preoccupati dalla forte crescita del movimento e dall’attenzione mediatica posta a questo settore. La birra sta lentamente occupando spazi che fino a qualche anno fa erano impensabili. Non a caso, uno dei pionieri della birra artigianale italiana, Teo Musso, ha fondato il suo successo nelle langhe, terra da sempre vocata alla produzione di ottimi vini, rompendo gli indugi e promuovendo la birra nei primi ristoranti del bel paese. Oggi non è più una novità trovare nei migliori ristoranti delle birre artigianali affiancate alle etichette dei vini più importanti. Direttamente dal mondo del vino, alcuni birrai hanno tratto ispirazione per delle creazioni uniche e particolari che vedono il frutto di Bacco come protagonista. Proprio grazie alla mancanza di stili tradizionali italiani da seguire ed alla sete di novità, molti birrai italiani si sono lanciati in ardite sperimentazioni caratterizzate spesso dall’impiego di ingredienti inusuali, ma strettamente legati al territorio; in questo caso si parla di vitigni autoctoni.

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Ne è un esempio il Birrificio Barley di Maracalagonis di Nicola Perra, uno dei maggiori esponenti del settore che è riuscito ad utilizzare i prodotti del territorio sardo per alcune creative ricette. Sono nate così la BB10, prodotta con mosto d’uva cotto (sapa di Cannonau), seguita dalla BBevò realizzata con l’utilizzo della sapa di Nasco (la sapa è un prodotto tipico sardo utilizzato in cucina specie nella preparazione di dolci), e la BB9 caratterizzata dalla sapa di uve Malvasia antichissimo vino liquoroso della zona del cagliaritano.

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Altro punto di riferimento resta senz’altro Valter Loverier, che con il suo birrificio Loverbeer coniuga da tempo l’attenta tradizione brassicola belga delle fermentazioni spontanee con quella del territorio nel quale è vissuto, il Roero. Una delle sue prime birre prodotte è stata infatti l’originale BeerBera, lasciata fermentare senza aggiunta di lieviti (fermentazione spontanea con i lieviti presenti nelle bucce dell’uva) in botti di legno con aggiunta di 20% di mosto di uva Barbera. Quando nel 2009 Valter Loverier si è affacciato nel mercato Italiano è riuscito a conquistare appassionati ed esperti nonostante le sue produzioni risultassero non convenzionali e rivolte più ad un pubblico di nicchia. Così è nato un altro cavallo di battaglia prodotto con l’aggiunta di mosto d’uva Freisa: la D’uvaBeer. Dalla stessa ricetta è stata anche prodotta per il periodo natalizio la A Renna Gluh, ispirata al glühwein (vin brulé) con aggiunta di cannella, chiodi di garofano, anice stellato, e scorza d’arancia.

Restando in Piemonte, a pochi chilometri da Tortona (AL) troviamo il birrificio Montegioco, nel quale Riccardo Franzosi ha elaborato la sua “birra di confine”, come recita in etichetta, con uno dei vitigni più famosi della regione: il barbera. In questo caso viene aggiunto il mosto di Barbera (dell’azienda La Colombera) a fine bollitura. Inoltre, il nome Open Mind strizza l’occhio alla mentalità aperta dei birrai italiani verso il mondo del vino, la stessa mentalità che ha portato a realizzare la Tibir, prodotta invece con l’aggiunta di mosto Timorasso dell’azienda Terralba. 
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Dalle stesse tradizioni e dalla stessa terra, nascono le birre del birrificio Pasturana, dell’omonimo comune in provincia di Alessandria. Birra unica, assai originale ed in grado di aggiudicarsi il 1° posto nella categoria “birre alla frutta” del concorso organizzato da Unionbirrai nel 2010 e nel 2011 è la Filo Forte Oro, prodotta con l’utilizzo di vinacce di moscato passito di Strevi. A completare la gamma delle birre "stagionali" che vanno a braccetto con il vino, troviamo la Fil Rouge, denominata “birra rosé al Brachetto” brassata con l’aggiunta di vinacce esauste di Brachetto passito e la Filare, realizzata con aggiunta di mosto di Cortese di Gavi.

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Sottrarsi al fascino di creare qualcosa di legato al mondo del vino non è stato facile nemmeno ad uno dei più noti birrai italiani, Leonardo Di Vincenzo di Birra del Borgo. Tra le “bizzarre” prodotte troviamo la nota Equilibrista che già dal nome evoca l’alchimia presente tra le materie prime utilizzate (50% di mosto d’uva Sangiovese e 50% di mosto di birra) e la Caos detta anche “birra Champagne” prodotta con il 75% di mosto di Duchessa (birra prodotta con farro dei monti della Duchessa) a cui viene aggiunto un 25% di mosto di Malvasia (un vitigno bianco aromatico sempre proveniente dalla toscana Tenuta di Bibbiano) e lieviti da Champagne in rifermentazione. 

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 Dalle nebbie invernali, pensata appositamente per la stagione che verrà, emerge la Jadis del birrificio Toccalmatto di Fidenza capitanato da Bruno Carilli, una double blanche aromatizzata con l’aggiunta di mosto d’uva Fontana. Concludiamo tornando al nord con il birrificio Lariano di Dolzago (LE) che, in collaborazione con l’azienda agricola La Costa, ha creato la Confusa, ricetta alla quale è stato aggiunto circa il 30% di mosto d’uva Traminer.

Risulta difficile elencare tutti i birrai e relative aziende che negli ultimi anni e anche in precedenza, hanno scelto di ispirarsi al mondo del vino, per non parlare delle creazioni che prevedono passaggi in barrique che hanno ospitato i più grandi vini italiani (se ne parlerà in un post più avanti). Pertanto ho scelto di presentarne alcuni, con la consapevolezza di averne tralasciati molti altri e, sebbene sia presto parlare di uno stile tutto nostro, sicuramente si può parlare di carattere italiano!

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